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Lo scioglimento anticipato delle Camere e la data già fissata delle prossime elezioni politiche, il 25 settembre, ha sancito di fatto l’inizio di una campagna elettorale per forza di cose breve ma, a giudicare dai primi colpi tirati da diverse aree politiche, ancora una volta incentrate su promesse irrealizzabili e sul “chi la spara più grossa”.

Ma nell’era del “fact checking”, delle risorse e dei “big data” disponibili a (quasi) tutti, nell’era insomma della consapevolezza digitale, ha ancora senso impostare una campagna di comunicazione elettorale basata sulle solite cialtronerie?

La risposta dovrebbe essere no, ma purtroppo è invece “dipende“.

Dipende ad esempio dal tuo target di riferimento, o meglio da quanto ritieni intelligente e consapevole il tuo target di riferimento. Per sintetizzare al massimo, fare promesse che costerebbero allo Stato risorse insostenibili è offensivo per un certo tipo di elettorato, destinato quindi a non votarti, ma è allettante per un altro, completamente avulso dai meccanismi di funzionamento del bilancio statale e convinto che “i politici, se vogliono, possono fare tutto”. Se il tuo target è il secondo gruppo di cittadini, allora puoi lanciarti in promesse di ogni tipo; se speri di catturare la prima tipologia di elettorato, dovrai invece cominciare a fare i conti e a dire le cose come stanno.

La verità ci fa male, lo sappiamo!

E qui, purtroppo, casca il primo asino. La verità è infatti quasi sempre brutta, a volte orrenda, elettoralmente impresentabile. Chi parla attenendosi ai dati spesso ha ragione ma perde le elezioni, come conseguenza non sa più che farsene della ragione. Al contrario, promettere mare e monti col sorriso sulle labbra trasuda ottimismo e gioia di vivere, doti sicuramente più adatte alla propaganda elettorale.

Come si può risolvere dunque l’eterna dicotomia tra il disfattista concreto e l’idealista un po’ cialtrone?

Padroneggiare il linguaggio della comunicazione politica è il primo passo per provare a fare una campagna elettorale con i piedi ben piantati in terra, ma senza la necessità di terrorizzare l’elettore.

Far notare gli eccessi e le soluzioni impossibili proposte dai competitors può essere utile, ma non basta: accanto alla demolizione delle idee certamente irrealizzabili, bisogna esser bravi a proporre invece soluzioni realistiche, supportate se possibili da studi o da specifica documentazione, meglio ancora se sostenuti da esperti autorevoli e imparziali.

È vero purtroppo che statisticamente sono più numerosi gli elettori del secondo gruppo, quelli cioè estranei ai meccanismi dello Stato e quindi più soggetti ad essere “colpiti” da politici-imbonitori, ma è anche vero che in questi ultimi anni stiamo assistendo ad una discreta presa di consapevolezza dell’elettore medio che, pur nel rispetto delle singole idee, comincia ad essere giustamente più scettico nei confronti di tutta la classe politica, a volte anche esagerando in questo senso.

Sarà dunque un’estate calda per la comunicazione tradizionale e quella sul web, per questo vogliamo lasciare qualche consiglio ai Social Media Manager dei politici, stressati ogni giorno, ogni ora dai loro committenti:

  1. State attenti alla copertura delle campagne social, cercate di non sprecare soldi facendo apparire i candidati alle persone di un’altra circoscrizione!
  2. Non intasate il feed con interventi troppo frequenti e futili: meglio qualche post in meno ma ben fatto e strutturato, magari con una bella immagine o meglio un piccolo video.
  3. Non invadete all’improvviso TikTok facendo i finti giovani, il rischio è quello di diventare dei meme da prendere in giro!
  4. Non esitate a chiedere consigli e suggerimenti, senza impegno, agli amici di G:Cube che non fanno campagne di comunicazione elettorali ma che per molti versi possono comunque esservi utili!
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