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Sembrano passati decenni dai fiumi di inchiostro e dalle polemiche nate attorno all’app Immuni, creata per consentire il tracciamento digitale dei casi di Covid in Italia ma boicottata in parte dall’impreparazione del sistema sanitario nazionale, costituito dalle monadi dei sistemi regionali che mal dialogano tra di loro, e in parte da una abbastanza ingiustificata campagna di diffamazione messa in campo da chi, ovviamente, non aveva neppure l’idea di come funzionasse l’app né del metodo con il quale gestiva la privacy.

Con l’arrivo del Green Pass, ossia della certificazione verde europea che permette, previa verifica dello status di vaccinati, guariti o “tamponati” negativamente, di spostarsi liberamente in tutta Europa, sono venute meno alcune certezze ma se ne sono confermate molte altre, legate purtroppo alla superficialità degli italiani in materia di riservatezza dei dati sensibili.

L’app Immuni infatti era già pronta per poter essere utilizzata quale mezzo di comunicazioni per la diffusione del Green Pass, proprio grazie alla gestione della privacy pressoché impeccabile, al contrario ad esempio della molto più apprezzata IO che ha dovuto subire degli aggiornamenti importanti per la gestione del certificato.

Ma questo è un elemento ormai superato, se così si può dire, perché con il rilascio delle certificazioni verdi si è assistito a un fenomeno nuovo, ovvero l’ostentazione via social dei pass, con tanto di QR code ben in vista.

Quel QR-code è una miniera di dati personali invisibili a occhio nudo ma leggibili da chiunque avesse voglia di farsi i fatti nostri – spiega il Garante per la Privacy in una nota – Chi siamo, se e quando ci siamo vaccinati, quante dosi abbiamo fatto, il tipo di vaccino, se abbiamo avuto il Covid e quando, se abbiamo fatto un tampone, quando e il suo esito e tanto di più“.

È lo stesso Garante poi che spiega i casi in cui è invece obbligatorio mostrare il QR code: “deve essere esclusivamente esibito alle forze dell’ordine e a chi è autorizzato dalla legge a chiedercelo per l’esercizio delle attività per le quali la legge ne prevede l’esibizione e deve essere letto esclusivamente attraverso l’apposita APP di Governo che garantisce che il verificatore veda solo se abbiamo o non abbiamo il green pass e non anche tutte le altre informazioni e, soprattutto, non conservi nulla“.

Nell’attesa di una revisione delle regole di rilascio del Green Pass che, a quanto pare, potrebbero escludere chi ha ricevuto una sola dose di vaccino (a meno che il siero in questione non sia il Jhonson&Jhonson ovviamente), il consiglio resta sempre lo stesso: in materia di riservatezza ma in generale sulle materie digitali/scientifiche non seguite immediatamente il “sentito dire” ma affidatevi ai dati certi e alle competenze, magari non sarete tra i commentatori della prima ora ma di sicuro sarete quelli che avranno la più alta probabilità di fare la scelta giusta.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti sul tema della privacy, vi invitiamo a visitare il sito GlobalDPO.

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